International Gramsci Society Newsletter
Number 12 (February, 2002): 33-35
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Spazi di confronto tra Marx e Gramsci

Costanza Orlandi

Marx e Gramsci. Memoria e attualità è il titolo di un volume collettaneo curato da Giuseppe Petronio e Marina Paladini Musitelli (Roma, manifestolibri, 2001, pp. 235) che raccoglie molti degli interventi di un convegno svoltosi a Trieste nel marzo 1999, organizzato dall'Istituto Gramsci del Friuli Venezia-Giulia in collaborazione con l'International Gramsci Society Italia e l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli.

Il titolo scelto allora per il convegno - "Da Marx a Gramsci. Da Gramsci a Marx" - rivela l'intenzione, fatta propria dagli intervenuti, di pensare il confronto tra le due figure non solo in funzione di una ricostruzione storico-teorica, ma anche per andare a scoprire la diversità di forme, di risposte, che una stessa tradizione di pensiero ha assunto in contesti storici diversi. Si pone quindi in primo luogo la necessità di riflettere su quali siano le radici di questa tradizione, che cosa la caratterizzi e ce ne faccia cogliere lo sviluppo. Aldo Tortorella focalizza l'attenzione sull'idea della libertà come elemento irrinunciabile della dignità umana. L'analisi del rapporto tra etica e politica in Marx e Gramsci - questo il tema del suo contributo - offre lo spunto per considerazioni sul presente. Un presente di cui più volte (già nel discorso introduttivo di Petronio) viene messa in discussione la definizione di «postmoderno» che ne farebbe un tempo decontestualizzato, al di fuori del corso della storia, in cui occorrerebbe ripensare "da zero".

Oltre al riferimento a una non banalizzata attualità politica della riflessione su Gramsci (e attraverso di lui, su Marx), il pregio del volume sta a mio avviso in altre due caratteristiche complessive: quella di dar conto della pluralità di approcci disciplinari
(anche se quello filosofico rimane comunque maggioritario) e di presentare voci discordanti su concetti anche centrali del lascito gramsciano.

Riguardo al primo punto, ben tre contributi (Petronio, Paladini Musitelli e Buey) vengono dall'area linguistico-letteraria o utilizzano questa modalità di approccio. A tale tipo di ricerca, che in ambito gramsciano è stato in passato a mio avviso ingiustamente trascurato o quanto meno tenuto troppo separato da riflessioni politico-filosofiche, si presta negli ultimi anni un nuovo interesse, a tutto vantaggio di una ricostruzione della trama interdisciplinare (o forse meglio "adisciplinare") dei Quaderni del carcere. [END PAGE 33]

I punti su cui alcuni contributi si dividono, aprendo così fertili spazi di riflessione e di ricerca, vanno dal giudizio sul peso della tradizione idealistica e materialistica in Marx e Gramsci, al rapporto tra struttura e sovrastruttura, a quello tra società politica e società civile. Le differenze di opinione su questi argomenti non sono chiaramente fini a se stesse: il dibattito su questi concetti porta con sé questioni filosofiche, antropologiche e politiche di grande rilevanza.

Fabio Frosini, in un intervento che meriterebbe una più lunga trattazione vista la sua ampiezza e densità, si confronta con la riflessione specificatamente filosofica dei Quaderni cercando di chiarire in che cosa consista il progetto gramsciano di "rifondazione del materialismo storico" ovvero il suo originale modo di intendere il "ritorno a Marx". Su questa via Frosini si occupa dei possibili (e storici) malintesi legati alla lettura di Gramsci e riguardanti ad esempio il concetto di «ortodossia marxista» che in Gramsci deve essere letto nel suo senso originario, per cui la filosofia della praxis è un sistema completo, basta a se stessa, e non come atto di fede incondizionato al marxismo- leninismo.

Mentre a giudizio di questo studioso Gramsci e Gentile si trovano su posizioni contrapposte (Gramsci sarebbe cosciente del fatto che Marx ha posto le condizioni per superare la polarità idealismo-materialismo), per Roberto Finelli il peso della tradizione idealistica nei Quaderni è ancora molto forte, tanto che per comprenderne a fondo il nesso struttura-sovrastruttura dovremmo rifarci al rapporto gentiliano tra oggetto e soggetto. Schematizzando al massimo possiamo dire che dalla lettura del volume vengono fuori due modi di pensare il discorso gramsciano in generale e la sua traduzione di Marx: uno che potremmo definire "dialogico" (Buey), relazionale (Paladini Musitelli), "funzionale" (Frosini), consapevole del fatto che oggettività e verità debbano essere sempre riferite ad un contesto; l'altro - vicino, oltre che a Finelli, anche a Wolfgang Fritz Haug - che, assumendo il punto di vista di un soggetto, separa, privilegia, un momento rispetto all'altro: la società civile rispetto alla società politica, l'ideologia rispetto all'economia.

Questa seconda posizione, sebbene venga trattata, in particolare da Finelli, con elementi di originalità, è riconducibile in ultima analisi all'ormai celebre tesi esposta da Norberto Bobbio al convegno di Cagliari del 1967 (secondo cui la società civile appartiene alla struttura in Marx e alla sovrastruttra in Gramsci) decisamente criticata da Guido Liguori e Jacques Texier. Per entrambi l'errore sta in una lettura "meccanicistica", "rigidamente dicotomica" del rapporto tra struttura e sovrastruttura sia in Marx, sia poi in Gramsci, con la quale non sarebbe possibile rendere conto della complessità della riflessione dei Quaderni, dove l'autore - spinto proprio dalla necessità di evitare ogni malinteso riguardo alla distinzione tra società civile e Stato (distinzione di "natura metodica e non organica") - propone il concetto di "Stato allargato". Per Liguori mostrare la reciprocità [END PAGE 34] di società civile e società politica (o Stato) significa minare alla radice i tentativi di ricercare in Gramsci e in un suo presunto primato della società civile le basi teoriche per una posizione liberale.

Tra i "difensori" dall'accusa di idealismo rivolta a Gramsci si schiera anche Andrea Catone, che riformula il problema filosofico (il nesso tra soggettività e oggettività) in termini di pratica politica. Ora le condizioni storico-oggettive sono rappresentate dal contesto della produzione fordista e la soggettività in questione è quella dei produttori intesi singolarmente e come classe. Il problema diventa così "quello di trovare un fondamento oggettivo alla formazione del nuovo soggetto collettivo, che non può essere perciò semplicemente dato dall'esterno". Catone ripercorre le tappe della riflessione sulla razionalizzazione del processo produttivo dai tempi dell'Ordine Nuovo ai Quaderni del carcere, mostrando come questo percorso proceda in modo del tutto non lineare. Gramsci ha avuto infatti ripensamenti riguardo ai meccanismi di formazione della coscienza-- interni o esterni alla fabbrica?--che si ripercuotono anche sul modo di intendere il rapporto mente-corpo. Queste "oscillazioni" interne a una riflessione che attraversa tutta
la produzione gramsciana rimanendo aperta e che Catone ha saputo così bene ridisegnare sono state spesso alla base di fraintendimenti, frutto di interpretazioni statiche e non trasversali all'insieme dei Quaderni, le quali presentano un Gramsci produttivista e poco (o niente) consapevole della non-neutralità della tecnica.

Il rapporto Gramsci-Sraffa è invece il tema dell'intervento di Giorgio Gilbert a cui si deve la formulazione dell'ipotesi che, diversamente da quanto di solito affermato, sia stato soprattutto l'autore dei Quaderni ad influenzare l'economista nelle sue teorie e non il contrario.

Infine Donald Sassoon invita a riflettere sul nesso tra politica italiana e usi e interpretazioni dei testi gramsciani, di cui lo storico inglese fa una lettura piuttosto pessimistica, affermando che gli "usi" politici in Italia avrebbero limitato lo sviluppo della ricerca sui testi gramsciani. La critica, però, così come accade per la memoria, non si riferisce mai a un dato di fatto fissato una volta per tutte, ma, in quanto attività interpretativa, nasce dal rapporto attuale, quindi contestuale, con ciò di cui si parla. Niente vieta - anzi è auspicabile - di rimettere in discussione successivamente (cioè in un nuovo contesto) le affermazioni di chi ci ha preceduto.

(da Critica marxista, 2001, n. 6) [END PAGE 35]
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