International Gramsci Society Newsletter
Number 12 (February, 2002): 36-37
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Il mio incontro con Gramsci alla Quisisana

Luciano Barca

Riprendiamo da Critica marxista l'incipit del volume autobiografico Biscando per mare con la decima Mas (Editori Riuniti), sulla partecipazione dell'autore alla seconda guerra mondiale in Marina e sul consolidarsi di quella coscienza antifascista che presto lo avrebbe condotto nel Partito comunista italiano, di cui fu con Berlinguer dirigente di primo piano.

Roma, febbraio-marzo 1937. Una telefonata di papà ci ha autorizzato ad andare a trovare mamma al Quisisana dove è stata operata alla cistifellea. Il Quisisana è una delle cliniche più care, ma papà, che ha fatto una dura esperienza al Policlinico, ha voluto che mamma fosse operata da Puccinelli e il ricovero in quella clinica è stato d'obbligo.

Ci colpisce subito, arrivando a piedi, il fatto che la clinica sia circondata da garitte con carabinieri ed anche che tre o quattro agenti in borghese, i quali nulla fanno per mimetizzarsi, stazionino nell'atrio. Poiché la nostra casa affaccia su via Salaria, costantemente presidiata da carabinieri che vengono affiancati da agenti in borghese il giorno che Mussolini si reca a Villa Savoia, pensiamo subito che in clinica sia ricoverato qualche alto gerarca. Ma l'ansia per mamma ci fa presto accantonare il problema. L'operazione è andata bene, anche se mamma soffre molto ed è arrabbiata perché Puccinelli subito dopo l'operazione è scomparso e non si è fatto più vivo. Per di più non ama molto le suore: si è convertita al cattolicesimo solo per far contento papà, ma di fatto è rimasta una dubbiosa protestante.

Il secondo o terzo giorno (ormai abbiamo assunto noi tre fratelli maggiori il turno d'assistenza del pomeriggio) un certo movimento degli agenti proprio all'ingresso del primo piano dove è ricoverata mamma ci ripropone il problema e quando viene la suora a mettere il termometro a mamma le chiedo il perché di tutta quella sorveglianza: accenna con la testa in direzione della fine del corridoio e dice "Perché lì è ricoverato un sovversivo, ma è meglio non parlarne." Un sovversivo? Inutilmente quando viene papà cerchiamo di farci dire chi è e perché lo chiamano sovversivo. "E' meglio non occuparsi di queste cose." Sarà mamma l'indomani, dopo aver fatto cantare la suora, ad informarci che è un capo comunista, uscito di prigione, molto malato: Antonio Gramsci. E sarà [END PAGE 36] ancora mamma ad avere comprensione per la nostra curiosità e ad accettare che da quel momento uno di noi tre monti la guardia nel corridoio nella speranza di vederlo. Più volte, infatti, ci siamo spinti fino alla sua porta, ma senza riuscire a vedere nulla.
L'indomani è Silvano a dar l'allarme a me e a Liliana: "È uscito dalla stanza."

Quello che ci passa accanto senza dar mostra di vederci è un uomo basso, spettinato, con il corpo deformato da due gobbe. Cammina lentamente quasi facendosi guidare da un dito che striscia nel muro di fronte alle porte delle stanze e che abbandona solo all'altezza della rientranza che dà adito alla cappella. Arriva fino all'estremità del lungo corridoio, poi si gira e torna indietro. Noi intanto ci siamo spostati verso la sua stanza, incapaci di nascondere la nostra sfacciata curiosità e anche un po' di emozione. E questa volta non ci ignora. Prima di entrare nella stanza ci guarda e ci sorride.

Nota: Quando, poco dopo tempo, due righe del Messaggero, di cui, in assenza di libri, leggevo anche gli annunci economici, dettero notizia della morte di Antonio Gramsci al Quisisana, mia madre accusò i medici, ed uno in particolare--quello che l'aveva operata--di avere lasciato morire Gramsci senza cure adeguate. Cercai di evitare che la questione divenisse oggetto di scontro con mio padre, anche perché convinto che le responsabilità fossero di altri. Ma mia madre non ha mai rinunciato alla sua convinzione.

Nota 1957: Una volta che mi parlava di Gramsci ho detto a Mario Montagnana che lo avevo visto non molto tempo prima della morte. Ha voluto allora--eravamo nel '47 o nel '48-- che scrivessi di quella visita al Quisisana sull'Unità. Il pezzo fu pubblicato in terza pagina d'apertura e suscitò la curiosità di Togliatti che mi interrogò su particolari che non avevo purtroppo registrato nella mia memoria. Le due sorelle Schucht, quando con Reichlin andai a trovarle a casa nel 1956, a Mosca, vollero che ripetessi più volte il racconto, mentre quasi in gara tra loro ci mostravano alcuni oggetti recuperati dal carcere e dall'ospedale. [END PAGE 37]
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