International Gramsci Society Newsletter
Number 9 (March, 1999): 58-60 < prev | tofc | next >  

Il "cantiere Gramsci" riapre i battenti

Guido Liguori

Fabbrica, officina, cantiere. Con queste metafore, all'inizio degli anni '80, alcuni studiosi sottolineavano il carattere di "opera aperta" dei Quaderni del carcere di Gramsci. Questa scoperta era il frutto dell'edizione critica curata da Valentino Gerratana, apparsa nel 1975: erano stati necessari alcuni anni perché il mondo scientifico iniziasse a prendere atto del lavoro di Gerratana, togliendosi infine gli "occhiali" interpretativi costituiti per lunghi decenni dall'edizione tematica Platone-Togliatti, apparsa tra il '48 e il '51. Gramsci finiva così definitivamente di essere il grande intellettuale capace di "dare la linea" ai professori di letteratura, di storia, di filosofia, per divenire l'intellettuale-politico immerso nella riflessione sulla fine della "spinta propulsiva" dell'Ottobre, sulla crisi del Novecento, sulla ridefinizione profonda del concetto di rivoluzione.

Da un po' di tempo si è ripreso a lavorare nel "cantiere" dei Quaderni. Un Comitato scientifico del Ministero dei Beni culturali, presieduto da Renato Zangheri, sta discutendo dei criteri di metodo che devono presiedere all' "Edizione nazionale delle Opere di Antonio Gramsci". Un' "edizione nazionale" è in qualche modo la consacrazione di un autore come classico, forse anche un poco la sua imbalsamazione. Ad ascoltare però il rumore di dibattiti accesi e anche di porte sbattute che giunge dalle ovattate stanze dei Beni culturali non sembra essere questo, per fortuna, il caso del Nostro Autore, la cui capacità di accendere polemiche e passioni è segno di vitalità e anche, a dispetto di molti, di attualità.

Sulle questioni filologiche legate a Gramsci e in particolare ai Quaderni si litiga da quasi un decennio, da quando le nuove ipotesi del filologo dell'Università di Pavia Gianni Francioni iniziarono a tradursi in una organica proposta di "nuova edizione". Per Francioni, bisognava procedere a uno smembramento e riaccorpamento di pezzi di quaderni secondo la loro presunta datazione interna, accertabile al di là di quanto Gerratana aveva saputo o potuto fare. Le singole note dei Quaderni, nel caso in cui fossero tutte esattamente databili, sarebbero dovute essere staccate dal loro contesto e rimontate in modo diverso, quasi come i fotogrammi di un film secondo la grande scuola del cinema sovietico degli anni venti. A questa ipotesi si oppose Gerratana, sostenendo come "proposte di diverse datazioni alternative" andrebbero segnalate [END PAGE 58] piuttosto nell'apparato critico: "anche nel caso in cui una determinata congettura sull'ordine interno di alcuni quaderni appaia fondata, non può essere sostituita al dato certo, quale è il testo dei quaderni così come è stato lasciato da Gramsci".

Posizioni inconciliabili? Una comunità scientifica definitivamente spaccata? Studiosi di tutto il mondo (dal Giappone agli States, dalla Germania all'America latina) che non si raccapezzano più su quale testo studiare, tradurre, citare? Renato Zangheri ha provato, da presidente del Comitato scientifico, ad arrestare questa deriva, tirando fuori dal cilindro il nome prestigioso di Dante Isella, una vera autorità in campo filologico, esponente di punta della critica stilistica, studioso e curatore di Carlo Porta e di Montale, di Manzoni e di Gadda, e di tanti altri. Dopo aver preso tempo per ristudiare i termini di tutta la questione, l'illustre professore (a lungo attivo a Pavia, l'università di Francioni, vero e proprio "faro" della filologia in Italia) ha avanzato la sua proposta, che rischia di essere una mediazione accettabile per tutti. "Partiamo innanzitutto - dice Isella - dall'edizione Gerratana, un lavoro eccellente, che oggi va raffinato, non certo rivoluzionato. Se elementi oggettivi e assolutamente inoppugnabili permettono spostamenti interni al testo, bene. Altrimenti, nei casi controversi, bisogna limitarsi a segnalare le ipotesi nell'apparato critico. In ogni caso, gli spostamenti non devono travalicare i singoli quaderni in cui le note si trovano". Insomma, se un pensiero inizia nel Quaderno 5 e continua nel Quaderno 9, si segnalerà il fatto in nota, ma non si prenderanno le forbici per ritagliare e incollare le povere pagine gramsciane.

Altre questioni sono ovviamente opinabili e dibattute: le traduzioni che Gramsci fa in carcere hanno valore intrinseco, e dove vanno pubblicate, all'inizio o alla fine? I "quaderni speciali", o "monotematici", sono considerabili alla stregua di veri e propri saggi? I "testi A" sono sminuiti dal corpo tipografico minore in cui oggi si presentanio? E via dicendo. Ma è chiaro che il cuore del problema è quello sopra richiamato. E Francioni, di fronte alla competenza e all'autorità di Isella, compie con intelligenza un passo indietro: "La scelta di riordino da me proposta continuo a pensare che sia legittima. Ma sarebbe dirompente, per cui la ritiro. Si può fare una "mappa" dei percorsi gramsciani, per segnalare al lettore in appendice le ipotesi filologicamente sostenibili".

Gerratana non scioglie tutti i suoi dubbi: "I quaderni vanno pubblicati così come ci sono stati lasciati. Anche i pochi spostamenti (segnalati) che ho operato nella mia edizione, ora mi lasciano perplesso". Ma infine opta per una pausa di riflessione di fronte alla proposta conclusiva di Zangheri, che chiede che Isella, Francioni e Gerratana stesso lavorino di concerto sul "miglioramento" dell'edizione dei Quaderni, con l'ausilio di altri studiosi di loro fiducia. E' una soluzione che non contenta tutti: c'è chi se ne va dalla riunione sbattendo la porta, per un finale che gli sembra addirittura "doroteo". Mentre altri si guardano intorno attoniti per il compromesso che sembra a portata di mano, pensando con rammarico alle altre soluzioni [END PAGE 59] (evidentemente più "cruente") che erano state immaginate. Ma è giusto usare Gramsci per le proprie personali "rese dei conti"? Piuttosto, altri dubbi, più generali, sorgono. Il primo lo avanza Isella: "Ci sono in cantiere 50 o 60 edizioni nazionali, che languono per mancanza di fondi. Non farà la stessa fine anche Gramsci?". Il secondo, sommessamente, lo avanza il sottoscritto, testimone appassionato e (spero) fedele cronista: tanto più se i soldi scarseggiano, non sarebbe meglio lasciare stare i Quaderni (per cui, come detto, un "lavoro eccellente", anche se migliorabile, è già stato fatto) e iniziare dagli scritti pre-carcerari, dove manca un'edizione critica degna di questo nome e dove le attribuzioni degli scritti giornalistici gramsciani (usciti in gran parte non firmati) sono state fatte in modo spesso superficiale e fantasioso?

Comunque il "cantiere" è aperto. Speriamo che la ditta non fallisca e che si arrivi a un risultato tale da non dividere la comunità scientifica internazionale e i lettori di tutto il mondo, sempre più interessati a questo attualissimo "classico" del Novecento italiano.

L'articolo sopra riprodotto è già apparso - con lievi modifiche - sull'Unità del 3 luglio 1998, in seguito a una riunione della Commissione per l'edizione nazionale delle opere di Gramsci riunitasi all'inizio di giugno. Da allora, la Commissione non si è più riunita. Una nuova convocazione, prevista per il 5 febbraio, è stata rinviata al 24 febbraio, troppo tardi per darne qui conto.   ^ return to top ^ < prev | tofc | next >