International Gramsci Society Newsletter
Number 8 (May, 1998): 38-39 < prev | toc | next >  

Il 1997 gramsciano in Brasile: Società civile, Stato, mondializzazione

Marco Aurelio Nogueira

L'anno gramsciano 1997 si è chiuso, in Brasile, poco prima dell'inizio dell'estate. Scenario: la città di Juiz de Fora, nello stato di Minas Gerais, distante da Rio de Janeiro circa 200 chilometri, dove, nella Facoltà di Pedagogia della Università Federal, il Nucleo de Estudos Sociais do Conhecimento e da Educação ha promosso, tra il 26 e il 28 novembre, il seminario internazionale "Gramsci, 60 anos depois" (Gramsci, 60 anni dopo), con l'obiettivo di discutere il pensiero del grande marxista, "autore di uno dei più importanti studi sulle società a capitalismo avanzato". Il convegno di Juiz de Fora ha ripreso così il discorso avviato da un altro incontro accademico, svoltosi nella città di Franca, nello stato di São Paulo, dove la Facoltà di Storia, Diritto e Servizio sociale della Università Statale Paulista (UNESP) ha organizzato nei giorni 19-22 maggio il seminario su "Gramsci: a vitalidade de um pensamento" (Gramsci: la vitalità di un pensiero). Nella stessa direzione--anche se con ambizioni più limitate--ha lavorato il Gruppo di Teoria Politica dello Istituto de Estudos Avançados della Università di São Paulo, con l'incontro "Gramsci revisitado: Estado, politica, hegemonia e poder" (Gramsci rivisitato: Stato, politica, egemonia e potere), nei giorni 25-26 settembre.

I tre incontri hanno evidenziato come Gramsci continui ad essere, in Brasile, un pensatore capace di sedurre, di appassionare, di provocare i diversi ambienti intellettuali, e soprattutto i giovani (il seminario di Franca è stato seguito da oltre 400 studenti, quello di Juiz de Fora da 150). Appena fu conosciuto, del resto, Gramsci fece subito registrare una interessante e larga fortuna. La pubblicazione di parte dei Quaderni, nell'edizione tematica, iniziò negli anni sessanta. A partire dalla metà del decennio successivo il pensiero di Gramsci ha acquistato larga diffusione, nel processo di crisi della dittatura e inizio della democratizzazione del paese. In quegli anni--che coincisero in larga misura con le fortune dell'eurocomunismo--Gramsci ha funzionato come ispiratore di importanti dibattiti all'interno della sinistra brasiliana, allora alla ricerca di un [END PAGE 38] ripensamento del proprio patrimonio teorico e del proprio percorso politico: ma il pensatore sardo è stato anche usato da intellettuali di orientamento liberale, liberaldemocratico e socialdemocratico, da aree cattoliche e anche, con grande libertà, da molti specialismi accademici (pedagogia, sociologia, scienze politiche, antropologia culturale, storia). Parte importante del lessico gramsciano (società civile, egemonia, intellettuale organico, blocco storico) è stato incorporato nel linguaggio corrente, diventando addirittura "moda". Tutto ciò indica, tra l'altro, che in Brasile è abbastanza grande la sua capacità di "dialogare" con differenti interlocutori.

Nei tre convegni, sono intervenuti alcuni dei principali studiosi dell'opera di Gramsci in Brasile (Carlos Nelson Coutinho, Luiz Werneck Vianna, Marco Aurelio Nogueira, Oliveiros Ferreira, Ivete Simionatto, Paolo Nosella), diversi altri specialisti di filosofia, storia, pedagogia, sociologia, politologia. A Juiz de Fora l'incontro di studio ha avuto carattere internazionale, grazie alla partecipazione di studiosi italiani (Guido Liguori, Roberto Finelli, Lea Durante), evidenziando la volontà degli studiosi brasiliani di intensificare l'interscambio con studiosi gramsciani di altri paesi. I temi scelti per la discussione--globalizzazione, società civile, rivoluzione passiva, marxismo, politica, democrazia, crisi--hanno messo a fuoco il centro della odierna discussione su Gramsci in Brasile: fare un bilancio critico della sua presenza nella cultura politica brasiliana ed esaminare l'attualità della teoria gramsciana davanti a un mondo in rapida trasformazione.

Già nella relazione d'apertura del convegno di Juiz de Fora, Liguori si domandava: se la globalizzazione è un fatto "inedito e originale", un vero e proprio "fenomeno nuovo", quali conseguenze trarne, "come ricollocare il pensiero di Gramsci in questo nuovo scenario e quale interpretazione del pensiero di Gramsci prende forza e si impone in questo contesto?". Polemizzando anche con alcune formulazioni contenute nell'ultimo, e pur interessante libro di Bruno Trentin (La città del lavoro), in gran parte [END PAGE 41] dedicato a una discussione critica del pensiero gramsciano, ma soprattutto con alcune recenti letture liberaldemocratiche dei Quaderni del carcere, Liguori ha affermato: "Potremmo, se lo crediamo, dire che Gramsci è stato un grande ma che noi ormai pensiamo la realtà in un modo profondamente diverso. Ma non possiamo addebitargli l'accettazione di un sistema socioeconomico che egli aborrisce".

È stata del resto questo il leit-motiv di numerosi altri interventi nei convegni sopra ricordati. Non per caso è emerso con gran forza il dibattito sul tema della società civile, il problema della visione dicotomica e non-dialettica della società civile stessa come meccanicisticamente opposta allo Stato, un altro livello della realtà, separato dal mondo della politica. A Juiz de Fora questo tema è stato affrontato anche da Finelli, che ha svolto una relazione molto impegnata sulle "contraddizioni della soggettività". E da Lea Durante, che ha parlato del rapporto tra politica e cultura in Italia, rispondendo a delle sollecitazioni del pubblico in particolare [END PAGE 42] sull'elaborazione di Norberto Bobbio.

Anche in Brasile la categoria di società civile è divenuta l'architrave dell'ondata neoliberista e neoliberale e ha invaso l'universo culturale della sinistra. Sembra che sia andata in gran parte persa la difesa gramsciana della dialettica di unità-distinzione tra struttura e sovrastruttura, economia politica e cultura, società civile e Stato. È solo in questo senso che può affermarsi il primato della società civile, locus dove si organizza la soggettività e dove si ha lo scontro egemonico, ovvero lo scontro tra ideologie innervate di rapporti economici e di classe. I soggetti sociali, però, per Gramsci, sono egemoni nella misura in cui "si fanno Stato". Senza Stato non c'è società civile né egemonia. È estranea a Gramsci e al marxismo una concezione della società civile manicheisticamente pensata come l'opposto virtuoso dello Stato, come regno vuoto di politica, in cui gli interessi (movimenti sociali, associazioni, lotte per i diritti) vivono in completa libertà. Una società civile senza Stato è una giungla dove coesistono interessi chiusi, non comunicanti, dove non c'è difesa per gli interessi e i problemi dei più deboli, dei loro diritti, delle loro conquiste.

I tre convegni brasiliani, dunque, non sono stati puramente celebrativi. Hanno messo a tema motivi e categorie che mostrano bene come la sinistra brasiliana possa trovare in Gramsci non solo un "classico", ma un pensatore attuale, che ci aiuta a capire il nostro tempo e ci offre una prospettiva-- per stare dentro le grandi trasformazioni dell'oggi e per dirigerle verso il passaggio da una società di governati e governanti a una società di governati che governano.   ^ return to top ^ < prev | toc | next >