International Gramsci Society Newsletter
Number 8 (May, 1998): 41-43 < prev | toc | next >  

L'eredità di Gramsci in un convegno fiorentino

Guido Liguori

Il tema dell'influenza esercitata da Antonio Gramsci nei molti campi disciplinari che negli ultimi cinquant'anni si sono sviluppati, non solo in Italia, anche traendo spunti, sollecitazioni e indicazioni dalla sua opera, costituisce ormai da tempo uno dei settori più interessanti della complessiva riflessione sul pensatore sardo. Una nuova riprova di ciò si è avuta in occasione del convegno "Fortuna e eredità di Gramsci", svoltosi a Firenze il 14 e 15 novembre 1997 su iniziativa e per merito dell'Istituto Gramsci Toscano e in particolare della sua direttrice Vittoria Franco.

L'incontro di studio, svoltosi presso il locale Archivio di Stato, è stato organizzato per serrate sessioni tematiche, ciascuna delle quali introdotta da una relazione e in alcuni casi arricchita, a conclusione degli interventi in programma, dalla preziosa "testimonianza" di uno dei protagonisti dei dibattiti e anche delle controversie che, attraverso un lavorio di decenni, ha portato a comprendere sempre nuovi aspetti del lascito gramsciano, man mano che la sua lettura poteva essere resa distante dall'inevitabile influenza del contesto politico in cui esso fu concepito e in cui venne poi conosciuto.

I temi intorno ai quali sono state organizzate le differenti sezioni di lavoro sono i seguenti: "Gramsci nel dibattito storiografico italiano e internazionale" (relazione di Stuart Woolf, interventi di Francesco Barbagallo, Guido Liguori, Giampasquale Santomassimo, Donald Sassoon, Giovanna Tosatti, testimonianza di Renato Zangheri), "Filosofia e politica" (relazione di André Tosel, interventi di Bruno Accarino, Sergio Caruso, Furio Cerutti), "Individuale e sociale" (relazioni di Dario Ragazzini e Vittorio Lanternari, interventi di Fabrizio Desideri, Sergio Givone, Francesca Izzo, Marcello Montanari, testimonianza di Mario Alighiero Manacorda), "Letteratura e arte" (relazione di Romano Luperini, interventi di Marina Paladini Musitelli e Giacomo Trinci).

Il programma della manifestazione fiorentina è stato completato da una sessione dedicata al cinema, con la proiezione del film Bronte. Cronaca di un massacro, di Florestano Vancini, seguito da una tavola rotonda cui hanno preso parte l'autore con Giorgio Baratta, Francesco Maselli e Simonetta Soldani; e una interessante mostra di manoscritti, allestita presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, su Carteggi dal fondo Antonio Gramsci, con lettere di e a Gramsci (di Tania Schucht, Giulia Schucht) e di Piero Sraffa a Tania e a Palmiro Togliatti.

Impossibile anche solo citare i molti motivi di interesse del convegno, a partire dalla attenta ricostruzione di Woolf, che ha aperto i lavori ricostruendo con rapidi tratti problematici l'influenza gramsciana non salo in campo storiografico e in Italia, ma in tutto il mondo e in molti settori delle scienze sociali - argomenti sui quali è anche intervenuto Sassoon, sottolineando come l'autore dei Quaderni seppe porsi alcune domande fondamentali che in seguito molti, anche senza conoscere Gramsci, giunsero a porsi. Più incentrati sulla storia italiana del lascito di Gramsci i contributi di Santomassimo (che si è soffermato sulla storiografia marxista degli anni 1945-1956), Barbagallo (che è intervenuto sulle prospettive aperte dalla studio dei carteggi) e Liguori (che ha cercato di ricostruire quei meriti della lettura togliattiana di Gramsci che oggi si tende spesso a misconoscere o a negare). Tosatti ha riferito sulle tracce relative alla sorveglianza poliziesca cui fu sottoposto Gramsci, ancora riscontrabili nell'Archivio di Stato, e Zangheri ha infine concluso la sessione parlando del suo incontro con Gramsci, del peso che l'autore dei Quaderni ha avuto nel suo lavoro di storico, parlando delle categorie gramsciane come "categorie di servizio", atte a inquadrare le questioni più che a formulare giudizi concreti.

La sezione filosofica è stata introdotta da Tosel con una ricchissima ricostruzione del tema della gramsciana filosofia della prassi ("il suo progetto politico è fallito, ma lui ci ha dato gli strumenti analitici per oltrepassare i suoi stessi limiti"). Sergio Caruso ha sottolineato come Gramsci non vada considerato un "classico della democrazia", pena stravolgerne colpevolmente il pensiero, ma un classico tout court, in cui certo si trovano aperture e indicazioni per una coniugazione alta di socialismo e democrazia. Montanari ha aggiunto che vi è in Gramsci un paradigma democratico originale, una teoria della democrazia non come proiezione del singolo e degli interessi, ma fondata su una visione del soggetto come insieme di relazioni. Una concezione antiliberale, che a Gramsci viene da Hegel. Francesca Izzo ha cercato di restituire un Gramsci che sfugge all'alternativa tra primato dell'individuo e primato del sociale, né liberale né leninista, con una sua originale interpretazione del moderno.

Givone ha ricordato le importanti interpretazioni che Bobbio e Del Noce propongono di Gramsci: se il primo viene riportato a Croce e il secondo a Gentile, Gramsci tiene insieme Croce e Gentile, giocandoli l'uno contro l'altro, contestando col primo l'assolutismo di Gentile e col secondo la crociana separatezza di teoria e prassi. Cerutti ha riferito sull'interessante odierna ripresa di alcune categorie gramsciane (dominio, egemonia) negli studi sulle relazioni internazionali, affermando anche che Gramsci è un classico, certo, ma appartiene oramai alla storia passata e non può essere "resuscitato". Desideri si è soffermato sui motivi dell'odierna, rinnovata fortuna di Gramsci nel mondo, rintracciandoli anch'egli nella gramsciana teoria del moderno. Accarino ha compiuto una ricognizione, dotta e di grande fascino, su alcuni termini gramsciani (in particolare quelli attinenti alla famiglia concettuale mito-ideologia), rintracciandone antecedenti semantici e variazioni di significato.

Particolarmente interessante sul tema della concezione o degli stimoli pedagogici presenti in Gramsci è stata la relazione di Ragazzini, per cui comunque la teoria dell'individuo non costituisce un prius logico-politico della teoria sociale gramsciana: a contrario che in Dewey, teoria dell'individuo e teoria sociale corrono in parallelo. Manacorda ha insistito sul materialismo di Gramsci, sulla sua concezione non astratta dell'individuo ("tutti gli uomini del mondo", scrive Gramsci), ricordando anche come fosse intesa, in forme a volte estreme, ma anche fonte di grande ricchezza, la militanza nel vecchio Pci.

Paladini Musitelli ha sottolineato come anche in Gramsci la fortuna di un'opera, il suo successo di pubblico, divenisse modernamente sintomo della capacità di soddisfare i desideri del popolo, dunque elemento di valutazione intrinseca (l'elemento interessante di un'opera è quello per cui la si legge, che ne indica la funzione), aggiungendo poi considerazione inedite, e di grande interesse, su uno dei filoni culturali che più hanno interessato Gramsci e che meno forse sono stati dopo di lui scavati: il brescianesimo.

Romano Luperini ha messo in guardia da un processo di "classicizzazione" di Gramsci che a volte vuole imbalsamarlo. Gramsci non può essere dimenticato, oggi, se non altro perché ovunque nel mondo è considerato una fonte preziosa. Ma anche e soprattutto perché è fonte di una critica militante forte e molto viva. Come nel caso di Said, per il quale Gramsci ha compreso meglio di Foucault il rapporto tra cultura e potere, i meccanismi del potere, oramai eminentemente culturali: la colonizzazione dell'inconscio per tramite dei media, cui oggi assistiamo, non è un processo gramscianamente egemonico, pure di una sofisticazione senza precedenti?

Anche per questi motivi Gramsci è, alle soglie del nuovo secolo, ancora di grande attualità. E l'incontro fiorentino ha contribuito molto bene a confermarlo.   ^ return to top ^ < prev | toc | next >