International Gramsci Society Newsletter
Number 10 (March, 2000): 32-33 < prev | tofc | next >  

Il Convegno di Bucarest su Gramsci

Andrea Catone

A maggio 1999 si è svolto a Bucarest il convegno su "Lingua, cultura ed egemonia nell'opera di Gramsci". Si è trattato di un evento importante. E' la prima volta, infatti, dopo il 1989, che un paese dell'ex "socialismo reale" ospita un convegno su Gramsci; ancor più significativo che ciò avvenga in Romania, un paese che, per il modo "patologico" in cui è stato lì organizzato e vissuto il sistema che si autodefiniva socialista, sembra vivere ancora oggi, a 10 anni dal 1989, in una sorta di rimozione totalitaria della propria storia recente e di rifiuto viscerale di qualsiasi discorso che si richiami al comunismo.

Ed ecco invece che Gramsci, il "comunista critico" Gramsci, ritorna in Romania e il suo pensiero si rivela un preziosissimo strumento per riappropriarsi il passato e leggere il presente, per riaprire un discorso critico rispetto alla cultura egemone dell'americanismo e del neoliberismo.

Nel Convegno, Gramsci non è stato "imbalsamato" come un'icona o un "santo al capezzale" (è ciò che egli rimproverava al partito socialista di aver fatto di Marx). E proprio questo aspetto di Gramsci comunista critico e antidogmatico è stato sottolineato con forza dal direttore dell'Istituto italiano di cultura a Bucarest, Vito Grasso.

Diverse relazioni e il conseguente dibattito hanno toccato la questione cruciale dell'egemonia, del modo e delle forme in cui il capitalismo mondializzato oggi riesce ad ottenere il consenso delle masse, a "fabbricare tale consenso", per riprendere un'espressione di Chomsky. Su un inquadramento generale del problema e una sua attualizzazione si è soffermato il prof. Gheorghe Stoica (Università di Bucarest), che è stato anche il principale organizzatore e animatore del convegno, mentre il prof. Ion Goian (che è anche il traduttore dei Discorsi di Machiavelli in lingua rumena) ha sottolineato il carattere "strategico" del pensiero di Gramsci che, in quanto tale, recupera in pieno una dimensione dialettica contro le influenze positivistiche e pragmatistiche della cultura anglosassone. In stretta connessione con la relazione di Goian, possono esser lette quella di Andrea Catone, che ha affrontato la questione del rapporto tra egemonia dei dominanti e senso comune delle masse che, come sottolinea Gramsci, non si identifica col "buon senso"; e del giornalista rumeno Ion Zara, che, partendo dal modo in cui il giovane e anticonformista giornalista del Grido del popolo e dell'Avanti! concepisce e realizza un "giornalismo integrale", ha esaminato ruolo e [END PAGE 32] limiti dei mass media nella società rumena. Ma la "lotta di egemonie" riguarda anche il passato e la sua ricostruzione storica: Elisabetta Gallo ha messo in luce come in numerosi passi dei Quaderni l'interpretazione storiografica costituisca anche una posta in gioco politica essenziale nella definizione dei rapporti di forza.

Il tema della traduzione e della traducibilità dei linguaggi--dall'economia alla filosofia alla politica--nelle sue molteplici e complesse sfaccettature, è stato al centro di un'interessante relazione a due voci di Rocco Lacorte e Ciro Migliaccio, che ha suscitato domande e interventi di studenti rumeni di filosofia del linguaggio. Anche Isabella Amaduzzi, con la sua relazione su "Gramsci e l'estetica" ha contribuito alla "traduzione" del grande rivoluzionario sardo, investendo una sfera, quale quella dell'arte e della letteratura, che coinvolge in misura rilevante gli intellettuali rumeni.

Ma, in un paese che ha vissuto quella che Gramsci chiamava una "situazione a doppio fondo", in cui si manifestava in modo sempre più profondo il divario tra le proclamazioni ufficiali e la realtà effettuale, in un paese che vive oggi una difficile e complicata situazione di spaesamento e di rimozione del passato, assume un particolare significato il richiamo alla figura morale del rivoluzionario sardo, alla sua coerenza pagata a caro prezzo, al suo invito a "dire la verità", sempre, perché essa è rivoluzionaria. Lo hanno fatto, con interventi di grande forza, semplici e sobri, che nulla concedevano alla retorica, il prof. Tibor Szabo ("Aspetti morali dell'opera di Gramsci") e il prof. George Lazrescu, decano dell'Università di Bucarest ("La formazione dell'uomo nella concezione di Gramsci").

Infine, la relazione di Giorgio Baratta, vicepresidente della Igs, "Gramsci intellettuale europeo": la problematizzazione gramsciana delle relazioni Oriente/Occidente, Europa/America, nella loro contrapposizione e interazione, consente di porre in termini non schematici, alieni tanto dal nazionalismo che dal municipalismo, la questione di un'identità--culturale, ma anche politica --"europea", di un'Europa che non va identificata limitativamente col solo "Occidente", se si vuole evitare, per usare l'espressione di Ulrich Beck, la sua "brasilizzazione": se l'America era, per il Gramsci che negli anni trenta riflette su Americanismo e fordismo, il "prolungamento organico dell'Europa", l'Europa del XXI secolo rischia di divenire l'appendice subalterna degli Stati Uniti.

Tra i risultati del convegno internazionale di Bucarest, vi è anche quello di aver posto le basi per la costituzione di una sezione rumena della Igs, che prevede di svolgere il prossimo anno in Brasile il suo secondo convegno mondiale.

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