International Gramsci Society Newsletter
Number 5 (November, 1995): 40-41 < prev | toc | next >  

Tre pubblicazioni dell'Istituto Gramsci di Roma

Guido Liguori

Sono stati recentemente pubblicati dalla Fondazione Istituto Gramsci di Roma due volumi non in commercio (per ottenere i quali è necessario contattare la Segreteria dell'Istituto). Il primo, a cura di John M. Cammett e Maria Luisa Righi, è il «supplemento aggiornato al 1993» della Bibliografia gramsciana 1922-1988 curata dallo stesso Cammett e uscita nel 1991 per gli Editori Riuniti. Il secondo volume è intitolato Gramsci nel mondo e raccoglie gli atti del convegno svoltosi alcuni anni fa a Formia con la partecpazione di studiosi provenienti dai cinque continenti.

Il supplemento alla Bibliografia gramsciana è molto più di un semplice «prolungamento» al 1993 del lavoro di Cammett. Innanzitutto perchè il 46% delle voci in esso raccolte riguardano integrazioni alla bibliografia degli anni 1922-1988: un risultato reso possibile proprio dall'uscita del primo volume, che ha spinto studiosi di tutto il mondo a segnalare lacune e nuove «scoperte», un work in progress destinato certo a continuare. Il numero totale delle voci della bibliografia gramsciana è oggi di 10.400 scritti, apparsi in 33 lingue: compaiono per la prima volta albanese, bengalese, coreano, norvegese e sardo. L'italiano resta la lingua più rappresentata, ma percentualmente le opere in italiano passano dal 62 al 58,6%. Mentre l'inglese continua ad occupare il secondo posto con l'11,8% (1200 titoli), seguito da francese, spagnolo, tedesco, giapponese e russo.

Un secondo motivo che rende questo volume prezioso strumento di lavoro e di informazione è l'apparato degli indici, migliore e più accurato rispetto a quello del primo volume soprattutto per quanto concerne i soggetti trattati: limitandoci alla lettera a, dalla bibliografia del '91 all'aggiornamento odierno si passa da 5 a 47 voci tematiche. Inoltre molti indici sono stati rielaborati e forniscono ora ragguagli complessivi sulle voci di entrambi i volumi: è il caso della ripartizione per aree linguistiche, o per anno di pubblicazione (l'anno in cui nel mondo si sono registrati più scritti su Gramsci è il 1991, seguito dal 1992 e dal 1987).

Questi aspetti quantitativi, se bene indagati, forniscono al lettore suggerimenti importanti. Ma essi diventano ancora più utili per la comprensione del «fenomeno Gramsci» se accompagnati dalla lettura dell'altro volume pubblicato edito dalla Fondazione Gramsci. Si tratta degli atti, curati da Maria Luisa Righi, del convegno su «Gramsci nel mondo», svoltosi a Formia nel 1989: il primo momento di reale consapevolezza della fortuna del pensatore sardo al di fuori d'Italia. Fu proprio a Formia che Cammett presentò la prima versione provvisoria della sua bibliografia e fu lanciata l'idea della International Gramsci Society. Rispetto al bel volume laterziano uscito alcuni mesi fa su Gramsci in Europa e in America, il libro curato da Luisa Righi ha il merito di estendere lo spettro dei paesi considerati, aggiungendo ragguagli su realtà importanti culturalmente o politicamente, come la Germania e gli altri paesi di lingua tedesca, la Grecia, l'Argentina, il Messico, il Giappone, la Cina, i paesi arabi, il Sud Africa.

Già a Formia il rapporto tra Gramsci, il Pci e il movimento comunista internazionale, allora all'attenzione dei media in seguito alle non disinteressate «campagne storiografiche» condotte da Craxi e Martelli, era stato oggetto di un puntuale e documentato intervento di Michele Pistillo, riprodotto negli atti. Su questo stesso tema, l'ultimo fascicolo di Studi storici (il secondo del 1995) ospita una accurata ricostruzione dello storico Claudio Natoli su Gramsci in carcere: le campagne per [END PAGE 40] la liberazione, il partito, l'Internazionale (1932-1933), basata anche su una nuova documentazione d'archivio (italiana e russa), sull'analisi degli organi di stampa degli anni trenta, in buona parte inedita, sulla contestualizzazione di queste carte nella ricostruzione attenta della vicenda storica del Pcd'I, dei partiti antifascisti esuli in Francia, dell'Internazionale comunista. Un incrocio di fonti e di livelli diversi, dalla cui analisi complessiva scaturisce una ricostruzione convincente del periodo considerato.

Il nuovo studio di Natoli, condotto in archivi e biblioteche di mezza Europa, conferma i risultati raggiunti da Paolo Spriano già nella sua classica indagine su Gramsci in carcere e il partito: non vi fu rottura tra il comunista imprigionato a Turi e il Pcd'I, anche se indubbio è il raffreddamento, tra il '29 e il '32, dell'attenzione dei comunisti (italiani e non) verso un dirigente in odore di eresia. Nel marzo-aprile del '33 riprese la campagna internazionale per liberare Gramsci, pur non senza ondeggiamenti, in gran parte dovuti al fatto che in quegli anni, fino al '35, la fase di passaggio dalla strategia settaria del «socialfascismo» e della «classe contro classe» a quella dei fronti popolari non fu senza contrasti e indecisioni, anche dopo la vittoria del nazismo in Germania. Anzi non mancarono, dopo l'ascesa al potere di Hitler, ulteriori cautele dovute al riavvicinamento diplomatico tra Italia e Unione Sovietica e al tentativo di mantenere divisi fascismo italiano e Germania nazista.

Molto resta ancora da scoprire, ad esempio i motivi che determinarono, dopo diversi tentati, l'accoglimento della domanda di trasferimento di Gramsci ormai malato dal reclusorio di Turi alla clinica Cusumano di Formia, deciso nel settembre 1933, lo stesso mese in cui fu stipulato il patto d'amicizia italo-sovietico. Non vi sono prove di un legame fra questi due eventi, e anzi Natoli tende a escludere un nesso esplicito. Ma è possibile che in futuro l'apertura di nuovi archivi (in particolare quello del Ministero degli Esteri della Russia) porti quantomeno a confermare il sospetto di una certa pressione diplomatica da parte dei sovietici. Quello che è possibile affermare per ora, anche alla luce della minuziosa ricostruzione di Natoli, è che il dirigente sardo in carcere risentì del clima instaurato da quella vittoria di Stalin di cui egli, profeticamente, aveva tra i primi paventato i danni. Ma non fu abbandonato nè dal suo partito nè dal movimento comunista internazionale. Che poi il suo lascito, con il passare del tempo, sempre più appaia originale e alternativo rispetto al modello di comunismo storicamente affermatosi è tutt'altra storia. Che, forse, varrebbe la pena non dimenticare.   ^ return to top ^ < prev | toc | next >